STAFFOLO – Una firma che sancisce un impegno concreto a preservare la memoria e lavorare con i giovani per la conoscenza, il rispetto e la verità. Il Comune di Staffolo oggi ha accolto un evento dal forte valore civile e simbolico: il Gemellaggio della Memoria, sottoscritto insieme ai Comuni che hanno dato i natali ai cinque agenti della scorta dell’Onorevole Aldo Moro, uccisi nella strage di via Fani il 16 marzo 1978, e al Comune di Maglie, città natale dello stesso statista.
La cerimonia, organizzata dall’Associazione Domenico Ricci per la memoria dei caduti di via Fani, dal Comune di Staffolo e dall’Associazione nazionale Carabinieri ANC “Domenico Ricci” sezione Staffolo-San Paolo di Jesi, si è svolta oggi alla Sala Cotini.
Alla presenza delle maggiori autorità civili e militari, il sindaco Sauro Ragni ha ricordato come Staffolo sia stato «insignito dalla Regione Marche, come Comune di riferimento regionale per la memoria delle vittime del terrorismo e, con la Legge Regionale n. 12 del 9 maggio 2022, ha istituito una giornata commemorativa da celebrare ogni anno proprio nel borgo in occasione della Giornata nazionale della memoria. Staffolo ha realizzato il Muro della Memoria, primo monumento in Italia dedicato alle vittime del terrorismo repubblicano. Su di esso sono incisi i nomi di 381 caduti, secondo l’elenco ufficiale del Presidente della Repubblica del 2008, e arricchito da una scultura in bronzo realizzata dagli studenti del Liceo Artistico di Jesi sotto la guida del professor Massimo Ippoliti». Ragni, fiero del suo passato con la divisa da carabiniere addosso, ha rimarcato il valore delle giornate dedicate al ricordo dell’Appuntato dei Carabinieri Domenico Ricci, nato a Staffolo, autista di Aldo Moro tra le vittime dell’agguato di via Fani.

«La strage di via Fani ha avuto un impatto devastante sulla politica italiana ed è stato un colpo al cuore della democrazia- dice il Prefetto di Ancona Maurizio Valiante – ammiro profondamente i familiari delle vittime che hanno saputo trasformare il dolore della perdita in un sentimento e senso civico. Abbiamo il dovere di conservare la memoria e come Prefettura ci rivolgiamo in particolare ai giovani: abbiamo carpito intemperanze da parte di gruppi giovanili e forme delinquenziali che dobbiamo arginare. Abbiamo siglato il Patto Educativo Provinciale per avvicinare le istituzioni al mondo dei giovani in questo momento così difficile». Hanno portato il loro saluto e plauso all’iniziativa anche il presidente dell’Assemblea legislativa delle Marche Dino Latini e il consigliere provinciale Pieramelio Baldelli. L’assessore regionale alla Cultura Chiara Biondi ha mandato un video saluto. Momento clou della giornata, la sigla del protocollo dí gemellaggio con i Comuni di Staffolo e San Paolo di Jesi (per Domenico Ricci), Maglie (città natale di Aldo Moro), Fasano (per Francesco Zizzi), Casola (comune natale di Raffaele Iozzino), Guglionesi (di Giulio Rivera) con l’obiettivo di rafforzare una memoria condivisa che guardi anche al futuro. Valori come legalità, senso civico, impegno democratico e rispetto delle istituzioni saranno al centro di un percorso comune che si svilupperà attraverso incontri periodici, scambi culturali, eventi dedicati e percorsi educativi per le nuove generazioni. Il comune di Torino d’origine di Oreste Leonardi ha fatto sapere di non voler aderire al gemellaggio, avendo già intitolato un giardino al maresciallo medaglia d’oro al valor civile. Invito declinato che ha suscitato il dispiacere di Maria Grazia, sorella di Oreste Leonardi che ha inviato una commovente lettera.

Le testimonianze.
«Mio fratello era socievole, disponibile e aveva lasciato la terra per arruolarsi perché sperava in un futuro migliore – ha ricordato Ciro il fratello di Raffaele Iozzino – ai miei quattro figli parlo di loro zio, e il più grande ha scelto di indossare la divisa da carabiniere proprio per seguire le orme di quello zio eroe mai conosciuto se non attraverso la storia e i nostri racconti».
«Sono nato il 21 marzo 1978, cinque giorni dopo la strage di via Fani e mi chiamo come mio zio, Giulio Rivera – ha detto con commozione – i miei genitori mi hanno sempre raccontato di quel ragazzo che si era innamorato della divisa. I miei nonni erano tanto fieri di lui, sacrificare la vita contro chi voleva distruggere lo Stato, è sinonimo di orgoglio per la nostra famiglia».
«Domenico Ricci era un ragazzo delle Marche che aveva deciso di arruolarsi nell’Arma dei Carabinieri seguendo le orme del fratello – dice Giovanni Ricci – e dal 1963 era entrato a far parte della scorta dell’onorevole Aldo Moro. Mio figlio, Domenico, ha la memoria dei valori che il nonno rappresenta, in un momento in cui c’è crisi dei valori sociali ed etici».

La giornata si è conclusa con un talk sul tema “Anni ’70: l’arte dell’impegno” con gli interventi di Filippo Boni, Giovanni Ricci e Massimo Ippoliti moderato dal giornalista Andrea Brunori.



