Jesi ricorda Valeria Moriconi a 20 anni dalla scomparsa
Jesi-Fabriano

Jesi ricorda Valeria Moriconi a 20 anni dalla scomparsa

A Jesi doppio appuntamento per ricordare l'attrice a venti anni dalla scomparsa

Valeria Moriconi in una foto di Tommaso Le Pera
Valeria Moriconi in una foto di Tommaso Le Pera

JESI – Venti anni fa, il 15 giugno 2005 moriva nella sua città natale, Jesi, Valeria Moriconi, una tra le più significative artiste della scena italiana, personalità affascinante e dalla presenza magnetica, straordinaria Medea (Euripide), superba Giocasta (Sofocle), indimenticabile Emma B. (Savinio).

Nel ventennale della scomparsa, la città marchigiana la celebra con un doppio omaggio organizzato dalla Fondazione Pergolesi Spontini e dal Comune di Jesi in collaborazione con Amat e Marche Teatro.

Sabato 14 giugno ore 18,30, nelle Sale Pergolesiane del Teatro Pergolesi (ingresso gratuito con prenotazione del posto fino ad esaurimento posti disponibili: [email protected]) c’è la presentazione del libro Il teatro di Valeria Moriconi nelle fotografie di Tommaso Le Pera, straordinarie immagini di diciannove spettacoli teatrali fotografati da quello che è considerato, dal teatro italiano e non solo, uno degli artisti tra i più apprezzati e amati.

La pubblicazione edita nel marzo 2025 da Manfredi edizioni per la Collana ArtSipario – Leggi il Palcoscenico, è nata grazie al contributo di, AMAT, Fondazione Pergolesi Spontini, Marche Teatro. È curata da Maria Paola Poponi e Tommaso Le Pera, con testi di Andrea Bisicchia, Franco Cecchini, Paolo Larici e Marcantonio Lucidi.

«La carriera di Valeria è infinita. Ha toccato tutti i generi dello spettacolo – fa sapere Tommaso Le Pera – dal teatro, al cinema, alla televisione, alla radio, interpretando magistralmente una moltitudine di ruoli diversi ed eterogenei, con la sua recitazione inconfondibile e personalissima. Solo in teatro si contano almeno 114 titoli da protagonista, che vanno dal 1957 al 2003. Diretta dai più importanti registi a cominciare da Eduardo De Filippo, Franco Enriquez, Mario Missiroli, Maurizio Scaparro, Massimo Castri, Piero Maccarinelli, Luca Ronconi, Lorenzo Salveti, Valeria si lasciava fintamente guidare dall’esperienza altrui per tirare fuori il meglio di sé in scena, per poi, con un colpo di coda, vulcanica-mente “ribellarsi” e suggellare un idillio, un tête-à-tête con lo spettatore che la stava ammirando».

Sempre sabato 14 giugno, alle ore 21, al Teatro Valeria Moriconi, va in scena “Emma B. vedova Giocasta”, monologo di Alberto Savinio, rito funebre e amoroso nell’elaborazione, interpretazione e regia di Marco Sgrosso, per una produzione Le Belle Bandiere. Maschera di Stefano Perocco di Meduna, il disegno luci è di Loredana Oddone, assistenza e cura di Nicoletta Fabbri, i costumi sono di Marta Benini.

Scritto nel 1949 come atto unico, “Emma B. vedova Giocasta” è la storia di una madre in attesa del figlio che sta per ritornare a casa dopo una lunga assenza durata quindici anni. La protagonista illustra il suo attaccamento morboso nei confronti del figlio, nel quale man mano che la vicenda prosegue rivede il marito morto e abusatore.

Dopo Ella di Herbert Achternbusch, Memorie del sottosuolo di Fedor Dostoevskji e A colpi d’ascia di Thomas Bernhard, con questo spettacolo Mario Sgrosso prosegue nella carrellata di ritratti scomodi di personaggi malati, obliqui, arrabbiati e appassionati, violenti e tenerissimi, in lotta con le proprie pulsioni e alla ricerca di una sofferta ridefinizione della propria identità; tutti avvolti, stritolati e alla fine ‘liberati’ da un fiume di parole che non sono soltanto strumenti di senso e di racconto, ma soprattutto partitura della loro anima.

In una struttura narrativa rapida e tagliente, in bilico tra passione e gelo, quello di Savinio è un testo – racconta Sgrosso – dal “fascino oscuro”, una “partitura per voce sola in equilibrio tra espressionismo e simbolismo”, e di cui Valeria Moriconi fu magistrale interprete nel 1981. «Quella sua interpretazione in cui gesto e parola si fondevano in un’espressività fisica che scolpiva lo spazio, mi entrò nel cuore come un coltello affilato», ricorda oggi il regista.

«Non so – prosegue – quale demone interiore mi spinge a tentare questa ardita esposizione in un ruolo scritto per una donna. Alla base della scelta, certamente c’è il desiderio di indagare la parte femminile che ogni uomo, e ogni attore in modo particolare, porta in sé; al quale si aggiunge quello di voler rendere omaggio alla memoria di un’attrice che più di una volta mi ha stimolato uno stato di esaltazione creativa, e ancora la curiosità di scoprire nel corpo e nella voce quella ferita preziosa che ci hanno lasciato coloro che, in forme e circostanze diverse, abbiamo riconosciuto come Maestri».

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