Per quanto annunciata, attesa e messa in conto, una bocciatura a scuola non è mai indolore. Non lo è per i ragazzi e non lo è per i genitori, anche quando entrambi cercano di non dare a vedere il contraccolpo emotivo. Si tratta comunque di un’esperienza di fallimento in un’area molto importante, la principale nella vita quotidiana dei ragazzi, da cui dipende in gran parte l’immagine di sé. Il modo in cui la si affronta è perciò determinante: può renderla una circostanza quasi traumatica, o invece un’occasione di maturazione.

La reazione del ragazzo alla bocciatura può assumere forme diverse, non sempre chiaramente comprensibili per i genitori:
– Dispiacere e tristezza, senso di colpa, delusione e sensazione di aver deluso gli altri, preoccupazione. Quando si mantengono ad un livello lieve-moderato, si tratta di reazioni normali e congrue con l’accaduto, necessarie per poter rielaborare quanto avvenuto, per maturare e per operare un cambiamento migliorativo.
Sono emozioni sane, sia nel ragazzo che nei genitori, perché sono coerenti con la situazione e una certa dose di preoccupazione è necessaria perché porta ad occuparsi del problema e trovare una soluzione. Questa è la reazione più adattiva ed è anche quella più facilmente riconoscibile e comprensibile dall’esterno, che attiva un dialogo e un confronto con i genitori sulle cause e le possibili soluzioni.
– Minimizzare: il ragazzo appare indifferente alla bocciatura, evita di parlarne, sembra non dare importanza all’accaduto, si mostra forte. Questo atteggiamento potrebbe indurre a credere che davvero sottovaluti l’evento e suscitare rabbia nei genitori, scontri e litigi senza poter affrontare lucidamente la situazione e indagare le cause della bocciatura. In realtà si tratta quasi sempre di una difesa che copre le emozioni negative.
– Noncuranza strafottente: il ragazzo ostenta spavaldamente il suo menefreghismo rispetto all’esito negativo dell’esame, mostra di non esserne minimamente toccato. Si tratta di una reazione difensiva che mira ad espellere il dolore e a non sentirsi feriti, soprattutto di fronte agli amici, da cui non vuole farsi vedere dispiaciuto e afflitto, per “salvare la faccia”. In questo caso la rabbia suscitata nei genitori è ancora più intensa.
È difficile immaginare che dietro tanta strafottenza si nascondano invece emozioni dolorose e cercare di oltrepassare questo muro di spavalderia. Più spesso si arriva al litigio sterile o allo scambio di insulti, senza poter riflettere in modo costruttivo su ciò che non ha funzionato.
– Rabbia e senso di ingiustizia: in questo caso la reazione è la colpevolizzazione degli insegnanti e della scuola, la lamentela di essere stati presi di mira, la propria deresponsabilizzazione. Sempre più frequentemente, anche i genitori manifestano questo tipo di reazione alla bocciatura del figlio, schierandosi contro la scuola e a volte procedendo per vie legali per ottenere l’ammissione all’anno successivo.
Screditare gli insegnanti e mettere in dubbio la loro capacità di valutazione davanti al figlio crea però un alibi che permette al ragazzo di non riflettere sulle proprie responsabilità, in qualunque circostanza. Anche la rabbia rappresenta una difesa dal dispiacere: la fonte del dolore è spostata da sè stessi a una fonte esterna da accusare.
– Catastrofizzare: in questo caso la bocciatura è vissuta come un fallimento drammatico con reazioni intense come oscillazioni dell’umore, ruminazione sui motivi che hanno condotto all’esito negativo, somatizzazioni, difficoltà del sonno e dell’alimentazione. Il ragazzo si sente mortificato, si vergogna, evita di uscire con gli amici, si chiude in sé stesso.
La reazione drammatica del ragazzo può essere il riflesso della reazione altrettanto drammatica della famiglia, che può vivere la bocciatura come un fallimento educativo.
Cosa possono fare i genitori per favorire nei ragazzi un atteggiamento responsabile e costruttivo dopo una bocciatura?
Ecco alcuni punti fondamentali:
– Riflettere con il ragazzo sui motivi della bocciatura. Comprendere le cause permette non solo di dare un senso a quanto accaduto ma anche di decidere come procedere: se ripetere l’anno, cambiare scuola, cambiare indirizzo di studio, lasciare la scuola. La scelta di cosa fare è infatti strettamente legata alle cause, che possono essere estremamente diverse.
La bocciatura può dipendere da uno scarso impegno durante tutto l’anno, da un metodo di studio inefficace malgrado l’impegno profuso, da un eccessivo numero di assenze, da difficoltà di concentrazione, attenzione o apprendimento, da disturbi dell’apprendimento non riconosciuti e diagnosticati, da problemi comportamentali, da un disturbo d’ansia o dell’umore che ha inciso negativamente sulla motivazione e sull’apprendimento, da un calo del rendimento dovuto a eventi di vita personale o familiare o ad una situazione tesa o conflittuale in famiglia.
Uno scarso impegno può derivare da un atteggiamento rinunciatario di fronte a materie percepite come troppo ostiche, difficili da comprendere, fuori dalla propria portata per abilità e per attitudine, oppure può risultare dalla constatazione che la scuola scelta (nel caso della scuola secondaria di secondo grado) si rivela diversa dalle aspettative, non piace, non corrisponde ai propri interessi.
Identificare la causa non è così semplice e scontato. Anche quando sembra che i ragazzi siano semplicemente svogliati, disinteressati, che non gli importi nulla né di studiare né di avere buoni voti, ad un esame più approfondito, dietro questa facciata possono emergere altri motivi, come quelli descritti sopra. La domanda principale di fronte a un ragazzo che sembra disinteressato rispetto alla scuola dovrebbe essere: “come sta questo ragazzo?”.
– Riflettere con il ragazzo su come procedere. La decisione sul futuro scolastico non deve avvenire impulsivamente sull’onda della reazione emotiva alla bocciatura, perché rischia di essere controproducente. Il senso della bocciatura è anzi proprio fermarsi a valutare insieme al ragazzo, e con le informazioni avute dagli insegnanti, un progetto che sia l’equilibrio migliore tra ciò che lui desidera, ciò che i genitori e gli insegnanti ritengono opportuno e ciò che è concretamente realizzabile.
– Aiutare a percepire la bocciatura come un incidente che non compromette il percorso, come un’esperienza di fallimento e di sconfitta, sì, ma da cui ci si può riprendere e che può essere superata, traendone anche un insegnamento. Una bocciatura non è rappresentativa di tutte le capacità di una persona e non è una sentenza.
– Non umiliare e mortificare. I genitori possono pensare di spronare i figli colpevolizzandoli e manifestando la loro delusione, ma mortificarli non li motiva ad impegnarsi ed è anzi controproducente. Già i ragazzi si colpevolizzano da soli, si sentono responsabili della delusione dei genitori, anche quelli che apparentemente sono indifferenti e arroganti, anzi, questi probabilmente ancora più degli altri che mostrano apertamente il proprio dispiacere. L’atteggiamento giusto è responsabilizzare, evitando sia di minimizzare l’accaduto che di punire umiliando.
– Non riversare sul figlio la propria frustrazione. La bocciatura di un figlio può suscitare una reazione eccessivamente intensa nel genitore, perché va a toccare suoi aspetti personali, il modo in cui si percepisce, le sue aspettative, la sua storia scolastica e lavorativa, la sua storia familiare. Può toccare nodi dolorosi di cui tuttavia occorre essere consapevoli, per non proiettare il proprio vissuto sul figlio, che deve già confrontarsi con la delusione rispetto alle proprie aspettative.
Dott.ssa Lucia Montesi Psicologa Psicoterapeuta
Consulenza, sostegno e psicoterapia online tramite videochiamata
Per appuntamento tel. 339.5428950